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giovedì 8 dicembre 2016

Incollo due pezzi dalle prime pagine del primo testo di legge di revisione costituzionale, a cui sono seguiti altri fino a quello definitivo approvato dal Senato il 20 Gennaio 2016.
Il testo da cui li ho tratti è il A.S. 1429 presentato in Senato l'8 aprile 2014 ma ancora prima approvato dal consiglio dei ministri il 31 marzo 2014.

I testi successivi, dunque tutto l'iter, sono qui.




In sintesi sono presentati tutti i motivi e poi gli obiettivi per cui è necessaria una riforma costituzionale.


Lo spostamento del baricentro decisionale connesso alla forte accelerazione del processo di integrazione europea e, in particolare, l’esigenza di adeguare l’ordinamento interno alla recente evoluzione della governance economica europea (da cui sono discesi, tra l’altro, l’introduzione del Semestre europeo e la riforma del patto di stabilità e crescita) e alle relative stringenti regole di bilancio (quali le nuove regole del debito e della spesa); le sfide derivanti dall’internazionalizzazione delle economie e dal mutato contesto della competizione globale; le spinte verso una compiuta attuazione della riforma del titolo V della parte seconda della Costituzione tesa a valorizzare la dimensione delle Autonomie territoriali e, in particolare, la loro autonomia finanziaria (da cui è originato il cosiddetto federalismo fiscale), e l’esigenza di coniugare quest’ultima con le rinnovate esigenze di governo unitario della finanza pubblica connesse anche ad impegni internazionali: il complesso di questi fattori ha dato luogo ad interventi di revisione costituzionale rilevanti, ancorché circoscritti, che hanno da ultimo interessato gli articoli 81, 97, 117 e 119, della Carta, ma che non sono stati accompagnati da un processo organico di riforma in grado di razionalizzare in modo compiuto il complesso sistema di governo multilivello articolato tra Unione europea, Stato e Autonomie territoriali, entro il quale si dipanano oggi le politiche pubbliche. In mancanza del necessario processo di adeguamento costituzionale, il sistema istituzionale è stato indotto ad adattamenti spontanei caratterizzati da risposte, spesso di carattere emergenziale, che si sono rivelate talora anomale e contraddittorie e che non hanno in definitiva rimosso alla radice i problemi che abbiamo dinanzi. La cronica debolezza degli esecutivi nell’attuazione del programma di governo, la lentezza e la farraginosità dei procedimenti legislativi, il ricorso eccessivo – per numero e per eterogeneità dei contenuti – alla decretazione d’urgenza e l’emergere della prassi della questione di fiducia su maxiemendamenti, l’alterazione della gerarchia delle fonti del diritto e la crescente entropia normativa, le difficoltà di attuazione di una legislazione alluvionale e troppo spesso instabile e confusa, l’elevata conflittualità tra i diversi livelli di governo: sono, questi, solo alcuni dei sintomi della patologia che affligge il sistema istituzionale italiano da troppi anni e per la cui rimozione sono necessari profondi interventi di riforma. In questo contesto, mentre le maggiori e più avanzate democrazie hanno saputo gestire il necessario processo di adattamento dell’ordinamento interno alle nuove sfide, rinnovando profondamente le proprie istituzioni, l’Italia si è affidata, da una parte, alle presunte virtù taumaturgiche della legge elettorale, dall’altra proprio a quegli adattamenti spontanei del sistema istituzionale che oggi mostrano con evidenza tutti i loro limiti. Limiti peraltro amplificati dalle difficoltà che negli anni hanno interessato il sistema dei partiti, incidendo sulla loro funzione di raccordo permanente tra le istituzioni e la società civile.

In questa prospettiva, il progetto di revisione costituzionale delineato nel presente disegno di legge persegue una pluralità di obiettivi e prende le mosse da una duplice esigenza: da una parte, rafforzare l’efficienza dei processi decisionali e di attuazione delle politiche pubbliche nelle quali si sostanzia l’indirizzo politico, al fine di favorire la stabilità dell’azione di governo e quella rapidità e incisività delle decisioni che costituiscono la premessa indispensabile per agire con successo nel contesto della competizione globale; dall’altra, semplificare e impostare in modo nuovo i rapporti tra i diversi livelli di governo, definendo un sistema incentrato su un nuovo modello di interlocuzione e di più intensa collaborazione inter-istituzionale e, in alcuni ambiti, di codecisione tra gli enti che compongono la Repubblica, volto a favorire il protagonismo dei territori nella composizione dell’interesse generale e la compiuta espressione del loro ruolo nel sistema istituzionale. 

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